Campania, Nicola Caputo: “Perché privarci di un babà, di una pastiera, di una pizza o di un libro ?”

Campania – Nicola Caputo in un post pubblicato su Facebook dichiara: “Sono 12 giorni che sono stato dimesso dall’ospedale. Sto meglio.

Ogni giorno riassaporo un pezzettino in più di vita, ogni giorno mi riapproprio dei valori della vita, quella vera, fatta di sentimenti e di piccole attenzioni.
Sto meglio e dunque sto iniziando ad uscire ( in libertà vigilata) per fare la spesa. Vado al supermercato, al forno, in farmacia.

In questa situazione surreale nella quale siamo costretti a vivere, ho notato delle stridenti contraddizioni che voglio condividere con voi.

1) nei giorni scorsi, un forno è stato multato perché oltre a vendere il pane vendeva anche la pizza (che ha sempre venduto). Motivo: la pizza non è un bene di prima necessità! E chi so stabilisce cosa lo è? A me sembra assurdo. Non comprendo, per esempio, perché pizze simili possano essere invece vendute in gastronomie e supermercati.
2) non comprendo perché una pasticceria non possa riaprire? Quale differenza c’è tra una pasticceria ed una salumeria. Perché posso comprare un dolce in un supermercato e non in pasticceria?
3) non comprendo perché una libreria o un negozio di giocattoli debbano restare chiusi e le edicole possano vendere libri e giocattoli?
4) mi risulta davvero incomprensibile comprendere il perché abbiano multato un commercialista che si stava recando al proprio studio per studiare e lavorare.
5) per quale motivo non deve essere consentita la riapertura delle pizzeria per la consegna a domicilio e si consente, invece, ad alcuni supermercati di tenere aperte tavole calde con vendite da asporto di piatti pronti?

Dove è il #BuonSenso in queste cose che ho enunciato?
Il #RestiamoACasa è una misura cautelativa e di grande responsabilità per evitare la diffusione del contagio ma non è una misura punitiva.
In altre parole perché privarci di un babà, di una pastiera, di una pizza o di un libro? Non siamo mica in punizione?

Alcune attività , a mio avviso devono ripartire, per avviarci tutti ad una vita pian piano normale. I dipendenti di alcune attività possono e devono tornare a lavorare con tutte le precauzioni del caso.Con il welfare non ripartiamo.
La fase due non potrà partire d’emblée, iniziamoci a preparare. La vita deve ripartire!

Usiamo Buon Senso, non basterà un prestito per rilanciare il Paese, peraltro se e quando sarà possibile ottenerlo, vista la lentezza del sistema bancario ( ieri una direttore di banca mi ha detto che per attivare le procedure previste dal decreto, ci vorranno almeno 2 mesi).

Usiamo buon senso apriamo con cautela e responsabilità le prime attività e torniamo a vivere, o almeno iniziamo a prepararci alla nuova vita, una vita che sarà sicuramente diversa da quella vissuta fino a due mesi fa ma sarà comunque una vita che meriterà di essere vissuta.

Per contrastare il virus, servono razionalità e buon senso, lo stesso buon senso che spesso è soffocato dal senso comune.

Provo anche io a rubare le parole, amare, di Alessandro Manzoni, quando commenta, nel capitolo XXXII de “I Promessi Sposi”, le conseguenze del contagio e la paura della peste, “il buon senso c’era; ma se ne stava nascosto, per paura del senso comune”

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