Coronavirus, mascherine e plastiche in mare: allarme ambientale

Primo Piano – “Con l’emergenza Coronavirus abbiamo fatto un gigantesco passo indietro. Abbiamo perso cinque anni di battaglie contro l’utilizzo del monouso, con un danno notevole per l’ambiente. E’ stimato che passeremo da 340 milioni a 390 milioni di tonnellate della produzione mondiale annuale di plastica, con la conseguente dispersione di dpi e altri materiali che non sono facilmente avviabili a riciclo e che andranno ad inquinare ulteriormente il mare”.

L’allarme è lanciato da Silvio Greco, direttore della stazione zoologica “Anton Dohrn”, biologo marino fra i massimi esperti di plastiche in mare, intervenuto al Forum internazionale sui rifiuti del consorzio Polieco, conclusosi ieri a Napoli.

“E’ necessario cambiare paradigma, altrimenti il lockdown non ci avrà insegnato nulla”, ha affermato Greco, rimarcando la necessità di “mascherine da realizzare in un unico materiale in modo da poter essere riciclate facilmente, evitando un peggioramento drastico dell’inquinamento ambientale”.

Alla sua voce si è aggiunta quella della  direttrice generale dell’ Istituto nazionale di oceanografia e geofisica sperimentale Paola Del Negro: “Purtroppo la più grande discarica del mondo è il mare!”. Del Negro, al Forum, ha mostrato le immagini dello zooplancton con pezzi di plastiche, frutto di una recente ricerca scientifica, che ancora una volta richiama l’attenzione sulla catena alimentare e su cosa finisce nel nostro piatto.

Non di certo incoraggianti i dati emersi dal progetto “Un Po di plastica” presentati da Roberto Cavallo, fondatore ed amministratore delegato della cooperativa Erica: “Abbiamo effettuato sei campionamenti e dall’analisi dei frammenti, è emerso che il fiume Po, ogni anno, riversa nel mare Adriatico circa 4 mila tonnellate di plastica”.

“Il tema del Forum di quest’anno, “Ambiente ed economia oltre il Covid – 19” – ha commentato la direttrice Polieco Claudia Salvestrini – è stato scelto proprio per offrire spunti di riflessione sulla necessità di trasformare la crisi globale in occasione per un approccio determinato alla green e circular economy, che purtroppo finora è rimasta nel limbo delle buone intenzioni o al massimo appannaggio di poche realtà imprenditoriali, troppo spesso disincentivate”.

“Serve un piano nazionale interregionale sull’impiantistica, un sostegno al mercato del materiale rigenerato, e uno stop quindi a sistemi che favoriscono l’invio alla termovalorizzazione dei rifiuti plastici che invece vanno destinati a nuova vita – ha affermato al Forum la Presidente della Commissione Ambiente della Camera, Alessia Rotta -E’ una strada che possiamo e dobbiamo imboccare perché l’Italia avrà a disposizioni ingenti risorse dal Next Generation Ue . Infatti, come stabilito dalla Commissione europea, il 37% delle risorse del programma Next Generation EU dovrà essere destinato a investimenti per la transizione verde, in coerenza con gli obiettivi europei della neutralità climatica al 2050 e della riduzione delle emissioni del 55% al 2030”.

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