Libia non è porto sicuro. Lo dice l’ONU

L’ultimo rapporto del segretario generale sulla crisi in Libia, Antonio Guterres, denuncia una situazione drammatica fatta di torture, riduzioni in schiavitù, stupri, che vede come colpevoli i “funzionari statali, membri di gruppi armati, contrabbandieri, trafficanti e membri di bande criminali”.

Il meccanismo è così spiegato, “la Guardia costiera libica trasferisce migranti in centri di detenzione non ufficiali”, dove i funzionari del governo venderebbero i migranti ai trafficanti.

Quelli che dovrebbero essere dei soccorsi in mare finiscono per rifornire di migranti i boss del traffico internazionale e le operazioni della Guardia costiera libica, sostenuta anche economicamente da Bruxelles e Roma, sono alla base di questo meccanismo criminale.

Le fonti del rapporto sono gli osservatori delle Nazioni Unite a cui si sono aggiunti nell’ultimo anno gli investigatori della Corte penale dell’Aja. “L’Unsmil ha continuato a raccogliere resoconti da donne e ragazze migranti che erano state vittime di abusi sessuali da parte di trafficanti, membri di gruppi armati e funzionari”.

Il rapporto punta il dito soprattutto verso quelle nazioni, come L’Italia, che finanziano ed equipaggiano le autorità libiche, senza mai riuscire a ottenere nessun riscontro nel rispetto dei diritti fondamentali.

Le donne, specialmente le più giovani, sia libiche che straniere “continuano a essere particolarmente esposte a stupri e altre forme di violenza sessuale” e nel periodo osservato “hanno continuato a rischiare di subire abusi sessuali da parte delle guardie carcerarie”.

Le pesantissime 17 pagine sono già sul tavolo del procuratore del Tribunale internazionale dell’Aja.

Entro novembre il procuratore internazionale Fatou Bensouda depositerà un aggiornamento sulle investigazioni ma dalla relazione di Guterres sembrano evidenti i capi d’accusa, “Perdita della libertà e detenzione arbitraria in luoghi di detenzione ufficiali e non ufficiali; tortura, compresa la violenza sessuale; rapimento per riscatto; estorsione; lavoro forzato; uccisioni illegali. I migranti hanno continuato a essere detenuti in sovraffollamento, in condizioni disumane e degradanti, con cibo, acqua e cure mediche insufficienti e servizi igienico-sanitari molto scarsi”.

Antonio Guterres non parla mai di soccorsi ma di prigionieri il cui numero “è cresciuto a seguito dell’aumento delle intercettazioni in mare e della chiusura delle rotte marittime”, a tutto vantaggio dei contrabbandieri di vite umane.

L’Unsmil ha continuato a ricevere segnalazioni credibili di detenzione prolungata e arbitraria, torture, sparizioni forzate, cattive condizioni di detenzione, negligenza medica e rifiuto di visite da parte di famiglie e avvocati da parte di i responsabili delle carceri e di altri luoghi di privazione della libertà”.

Al oggi, si contano 4.900 rifugiati e migranti detenuti nelle prigioni del governo, “ma un ulteriore numero sconosciuto di persone – ufficialmente scomparse – è detenuto in altre strutture” evidentemente clandestine.

Giovanni D’Errico

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