E’ morto il regista Giovanni Truosolo, l’editoriale di Contrastotv

Editoriale – Ti sfottevo chiamandoti “Giovanni, Giuseppe da ri…?” e tu ridevi rispondendo “da rimatera,” ricordando Giuseppe d’Arimatea del Nuovo Testamento.

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Era il nostro modo di farci quattro risate. Ti guardavo e ti dicevo “Giovanni, putimm scherza? amm ritt che ogni tanto putimm scherza!” E tu annuivi. Negli ultimi tempi riuscivi solo a ripetere le ultime parole di ciò che dicevo ma io ti dicevo quello che volevi sentire visto che conoscevo bene il tuo modo di pensare (quindi giocavo facile).

Per due giorni hai salutato tutti quelli che sono corsi quando le tue condizioni sono peggiorate…ma non rispondevi più al nostro solito “Giuseppe Giovanni da rimatera.” Mi stringevi la mano con una forza tale però poi… poche ore prima del tuo silenzio eterno hai detto il mio nome e magicamente hai continuato la frase “Giovanni Giuseppe da rimatera.” Era la famosa “miglioria della morte,” ma io non volevo accettarlo. Durante la tua malattia, ti ho sempre chiamato Giovanni e non più papà, perché eri diventato ancora di più, un amico, un compagno e poi un padre. “Ma tu ridi come tuo padre,” mi dicevano, quella risata che ci accomunava e ci ha accompagnato prima dei due interventi, prima della risonanza magnetica. La vita ti ha tolto la parola e il sorriso, le tue più grandi doti. “Vinceeee, c vo a chiacchier,” mi dicevi spesso. “Vinc, sadd sape campa, ricordatelo.” Ora, dopo Giuseppe Giovanni e a volte anche Pasquale (quando sbagliavamo volutamente i nomi), da rimatera c’è un grande silenzio, un vuoto che parte dal centro dello stomaco e ti arriva in testa. Shhhh, una parola è troppa e due sono poche.

Tu non eri più tu, tacevi di fronte a chi parlava di politica. “Vinceeee, io ci metto tempo per esprimermi e stong in minoranza.” Prima, Nessuno osava parlare di politica con te perché la politica la sapevi fare, la conoscevi e la studiavi nei numerosi talk che guardavi. Per non parlare della politica locale, guai a mettersi contro Giovanni Truosolo, l’area della campagna elettorale che amavi tanto da buon piazzista. Non sei mai stato candidato, ma hai sempre fatto politica, prodigandoti per gli altri. I tuoi candidati prendevano sempre tanti voti grazie al loro impegno, ma soprattutto grazie al tuo supporto attento, attivo e critico. Da piccolo ero orgoglioso di te. Quando mi chiedevano “ma a chi si figl?” io rispondevo “a Gianni Truosolo.” e credimi ti conoscevano tutti .Crescendo, ti dicevano “ma siete il papà di Vincenz,” e tu: “ca se cagnat u munn, mo so io u pat e Vincenz.” Sarò sempre u figl e Gianni Truosolo.

Quando la tua condizione peggiorava, mi riusciva difficile anche fare il mio lavoro, la cosa che più amo e che tu mi hai trasmesso con tanta passione e convinzione. Abbiamo fatto tante comunioni, battesimi, feste, cerimonie e ci siamo fatti tante risate. Come dimenticare la colazione al “Bar Conte”, il tuo bar preferito e quella tua camicia rosa. “Ma che cammis t mis,” dicevo io, ma ti stava bene anche se quella macchia di cioccolato non mancava mai, provocata dal cornetto, perché a te la polacca non piaceva. Non piaceva neanche il risotto al ristorante: “Mangia sembra brutto !” Pagavi la colazione e compravi 2-3 pacchetti di sigarette MS Mild morbide. Il vero Giovanni Truosolo era sempre chiuso in una cappa di fumo, accendevi una sigaretta prima di guardare ogni mio video, anche quelli più brevi. Accendevi una sigaretta quando parlavi al telefono di lavoro. Ti incazzavi, ma sapevi strappare le lettere di contestazione perché quel ruolo lo amavi tanto tanto, 200-300 persone sotto la guida di quel responsabile di magazzino, quel signore dalla chioma bianca e dal passo svelto, perché tu in ufficio proprio non riuscivi a starci, nello stabilimento volevi stare, quel signor Truosolo partito dal niente, ma che ci ha saputo fare anche in quei famosi 4 esami all’università, la tua gente, i tuoi lavoratori ti amavano e ti odiavano allo stesso momento, ma tu eri Giovanni Truosolo… e quando parlavi anche i sindacati sapevano stare in silenzio. La sigaretta che accendevi prima di una partita del Napoli, con i piedi sulla sedia e il posacenere vicino. La sigaretta che accendevi prima di un nuovo copione teatrale da studiare; la stessa sigaretta che hai dovuto lasciare nel 2020, causa infarto.

Da allora, un pezzo di Gianni Truosolo non è stato più lo stesso.
Sei stato sempre il mio fan, anche quando c’era poco da tifare. Non posso dimenticare il tuo impegno a Contrasto TV. “Vinceeee, ma mi devi dare un incarico più serio, tipo direttore web marketing.” Ma in realtà potevi fare qualsiasi ruolo. Dalla telecamere, all’autista, al commerciale al ruolo di giornalista durante la festa di Sant’Eufemia, la TUA AMATA PROTETTRICE, perché il lunedì, giornata delle mazze era festa o mezza giornata a lavoro. Da Carinarese doc, guardavi le feste nei paesi limitrofi e dicevi: “A fest nostr è nat cos.” Potrei scrivere per ore, sono tanti i ricordi, le risate, e le lacrime. Abbiamo saputo anche piangere insieme e soprattuto abbiamo saputo chiedere scusa…Abbiamo cantato insieme.

Nel 2022, quel mostro, il “glioblastoma”, (scritto in lettera piccola per non dargli troppa importanza) si è presentato. Sapevamo che sarebbe finita così, ma abbiamo vissuto ogni giorno come se fosse l’ultimo. Abbiamo riso, scherzato e ci siamo abbracciati come quando ero piccolo che tu chiamavi me e Gennaro e dicevi: “ amm fa a abbracciazione” cioè un vera lotta di baci e coccole, siamo andati al mare in carrozzella, e ridevi: “Vincenzo, noi amm annanz a tutto xkè so disabile, tu sai che mestiere potresti fare? Quello che porta la carrozzella al Papa.” Tu che alla malattia hai riso in faccia, ti sei preso gioco di lei e hai preso a morsi la vita, perché per te quella carrozzella non è mai stata un limite.

Abbiamo sempre avuto un rapporto viscerale, che la malattia ci ha fatto ritrovare. Forse un giorno la ringrazieremo pure. Ciao, caro Giovanni – Giuseppe – Pasquale – da Rimatera o come piaceva farti chiamare Jon Trosel in arte. Te ne sei andato in silenzio, aspettando che ci allontanassimo, proprio come accade sul palcoscenico, perché non si muore in scena, proprio come quando uscivi alla fine sul palco dopo le commedie con il copione sotto il braccio e senza dire una parola, applaudivi i tuoi attori. Ti saluto con te se ne va un pezzo del mio cuore… ora ascolterò le tue canzoni quelle dei Santo California, di Enzo Di Domenico Pino Mauro, passando per Sergio Bruni, a Massimo Ranieri alla classica napoletana, passando per le canzoni delle maschera alle colonne sonore di Ennio Morricone, oppure agli assoli di Santana. Ascolterò una canzone in particolare una che ti faceva piagnere molto “Una vita da mediano
Da chi segna sempre poco
Che il pallone devi darlo
A chi finalizza il gioco
Una vita da mediano
Che natura non ti ha dato
Perché quando hai dato troppo
Devi andare e fare posto
Una vita da mediano
Lavorando come Oriali
Anni di fatica e botte e
Vinci casomai i mondiali” e tu i tuoi mondiali li hai vinto, ai tuoi funerali ci stavano propri tutti, tutte le classi sociali (dimostrazione che te la sapevi fare con tutti) tutti i colori politici… oggi avresti detto “uaaaa e che a fest e Sant’Eufemia” Buon viaggio