Primo Piano – Con la scomparsa di Ennio Calabria, morto a Roma lo scorso marzo, se ne è andato un altro pezzo di arte e di cultura del nostro Paese. Il pittore è stato uno dei maggiori esponenti del “Realismo Sociale” e dell’ arte figurativa italiana del Novecento. Era nato in Libia, a Tripoli, il 7 marzo del 1937 e aveva studiato all’ Accademia di Belle Arti della Capitale. Pittore, grafico, illustratore di libri, attivista ed intellettuale di sinistra, nella sua lunga carriera, ha dedicato il suo percorso artistico al mondo del lavoro e alla lotta di classe. Ha trasportato su tela, quei valori autentici della sinistra, oggi, purtroppo, quasi totalmente scomparsi. È stato un abile documentatore della metamorfosi politica che ha subito il nostro Paese, dal dopoguerra ad oggi.
Il suo “fare arte” per il sociale, ci ha fatto conoscere da dentro, ciò che la società nei suoi rapidi e continui cambiamenti, non riusciva a vedere: il lavoro, quello vero, quello dell’ uomo qualunque, quello che rende veramente liberi. È stato uno straordinario interprete, delle classi sociali oppresse, povere, sfruttate e di quel proletariato che non ha fatto (o non ha voluto fare), quel “salto” senza ritorno, nell’ illusione del miglioramento che la modernità gli aveva promesso.
Nei primi anni Sessanta, l’artista poco più che ventenne, si fece conoscere nell’ ambito delle grandi battaglie sindacali e nel mondo dell’ associazionismo di sinistra, con una serie di opere che affrontavano i temi complessi del mondo del lavoro. Risalgono proprio a questo periodo, le prime esperienze artistiche che gli fecero conquistare i primi veri riconoscimenti, anche a livello internazionale. Nel ‘61 fondò il gruppo dei pittori figurativi, “Pro e contro”, insieme a Piero Guccioni, Alberto Giaquinto e Ugo Attardi.
Nel ‘63 una sua opera fu esposta alla Rassegna Contemporary Italian Painting in Australia e l’ anno successivo un’ altra alla Biennale di Venezia, di cui fu anche membro del consiglio direttivo, dal ‘72 al ‘74. Seguirono, poi, diverse partecipazioni alla Quadriennale di Roma.
Nei primi anni ‘70 donò due dipinti alla storica sede della Camera del Lavoro di Genova, intitolata a “Enrico Bruno Novali”, la più antica organizzazione sindacale del nostro Paese. Ennio Calabria, ci ha saputo raccontare attraverso la pittura, quella dimensione umana che rappresenta l’ uomo, con tutti i suoi limiti, con con le sue sofferenze interiori e le sue quotidiane difficoltà. Il mondo reale dei lavoratori, con le sue diseguaglianze, con le sue discriminazioni e con i suoi falsi miti.
Fin dai suoi esordi di pittore, ha usato l’ arte come un formidabile strumento di denuncia, ma allo stesso tempo d’inclusione, al di là della razza, della religione e dell’ orientamento sessuale. Le suo opere fanno parte di importanti collezioni pubbliche e private: dal Metropolitan Theatre di New York e il Museo Puskin di Mosca al Museo Wroclaw di Cracovia e il Museo d’Arte Contemporanea di Sofia, oltre che in Vaticano. Con lui, se n’è andata un’altra tessera di quel grande mosaico che un tempo rappresentava i più alti valori della sinistra italiana.