Primo Piano – A distanza di 40 anni dal celebre blitz di San Michele, che portò alla nascita del maxiprocesso e all’incriminazione di numerosi mafiosi, un’indagine coordinata dalla Direzione distrettuale Antimafia segna una nuova, pesante offensiva contro i clan storici di Palermo e provincia. Le misure cautelari emesse sono ben 181, includendo capimafia, estortori, trafficanti di droga e affiliati ai principali «mandamenti» mafiosi, tra cui Porta Nuova, San Lorenzo, Bagheria, Terrasini e Pagliarelli.
La vasta operazione ha coinvolto numerosi soggetti ritenuti fondamentali nell’organizzazione criminale, tra cui boss storici di Cosa Nostra, con un particolare focus sui legami sempre più stretti con la ‘ndrangheta, e sul traffico di droga che sta tornando a occupare una posizione centrale nell’economia mafiosa. Grazie alla collaborazione tra carabinieri e magistratura, sono emerse prove schiaccianti di estorsioni a tappeto e di alleanze sempre più forti tra le diverse organizzazioni mafiose, a conferma di un ritorno ai metodi più violenti e a una rete di collegamenti sempre più sofisticata.
Una delle scoperte più sorprendenti dell’inchiesta è il funzionamento di una rete di comunicazioni via cellulare criptato che ha permesso ai capimafia detenuti di continuare a gestire affari e ordini dal carcere. Grazie a dispositivi altamente tecnologici, mafiosi ancora liberi e altri dietro le sbarre riuscivano a mantenere contatti costanti, anche tramite videochiamate. Gli investigatori hanno intercettato i segnali di questi apparati quando alcuni mafiosi, accortisi di malfunzionamenti nei loro dispositivi, hanno cercato di ripristinarli, svelando involontariamente i nomi degli interlocutori e creando un’opportunità per le forze dell’ordine.