Mondragone – “Le nostre ripetute “uscite” pubbliche sulle illegittime proroghe delle concessioni demaniali sono state sempre accompagnate da polemiche (quasi sempre da “amici” in conflitto di interessi).
E anche il nostro ultimo comunicato sul Report di Legambiente sullo stato delle nostre coste al 2021 (Report ripreso correttamente anche da: https://www.mondobalneare.com/rapporto-spiagge-2021-125-di-concessioni- balneari-in-un-anno/) è stato preso di mira e ha spinto qualche buon amico a rivolgerci l’accusa di non approfondire i temi e di saperne poco: https://www.anteprima24.it/caserta/legambiente-certifica-mali- litorale/. Noi da sempre “sappiamo di non sapere”. E per questo, con umiltà, ci affidiamo a chi ne sa più di noi, a esperti, a studi e ricerche, a verifiche sul campo, a confronti con gli addetti ai lavori. Per cercare sempre di parlare, scrivere, contestare e proporre “a ragion veduta”. È il nostro modo di fare politica, l’unico che conosciamo e sappiamo fare. Abbiamo, per stare a questo tema, letto -per esempio- quanto dichiarato dal vicepresidente nazionale di Legambiente Edoardo Zanchini e abbiamo ascoltato qualche sindaco non indifferente al problema, come dimostra l’intervista che il primo cittadino di Cefalù ha rilasciato alla trasmissione Rai Agorà Estate.
Rosario Lapunzina ha raccontato di come il distanziamento tra spiagge attrezzate e libere sia diminuito nel tempo, passando da 100 ad anche 25 metri. E sull’erosione costiera abbiamo letto le ricerche dell’Osservatorio Paesaggi Costieri Italiani – un portale creato da Legambiente– secondo cui l’erosione riguarda circa il 46 per cento delle coste sabbiose. Ci siamo fatti supportare anche dai dati elaborati dal geologo marino Diego Paltrinieri che vanno nella stessa direzione, dimostrando che negli ultimi 50 anni sono triplicati i litorali in erosione. A questo si deve aggiungere oltre il 7 per cento di porzioni costiere interdette alla balneazione a causa dell’inquinamento. Il vicepresidente di Legambiente ha puntato il dito sulle istituzioni che non tutelano il bene pubblico: “Servono regole, non possiamo lasciare la gestione del territorio nelle mani dei singoli. Tutto è affidato ai balneari e le concessioni vengono considerate una parte dell’economia del mare, dimenticando che le spiagge invece appartengono a tutti”. Zanchini è convinto che ci sia bisogno di una legge in grado di stabilire un limite massimo del 50 per cento di spiagge in concessione e canoni adeguati. E noi dell’AMBC siamo del tutto in sintonia con Legambiente.
Anche l’associazione di categoria Federbalneari opta- d’altra parte- per una posizione mediana. In un’intervista il presidente Marco Maurelli si dice favorevole all’equilibrio tra spiagge libere e stabilimenti e aggiunge che l’erogazione dei servizi in alcune aree libere cesserà quando finirà l’emergenza legata alla pandemia. Anche a proposito di Bolkestein l’AMBC ha sempre cercato di “conoscere prima di parlare”. L’Unione Europea prevede la concorrenza e la parità di trattamento tra operatori del settore, la cosiddetta direttiva Bolkestein appunto. È una norma approvata nel 2006 secondo cui è necessaria la messa a gara a livello europeo degli spazi occupati dagli stabilimenti. I titolari delle concessioni (anche quelli che ci criticano) spingono però affinché non accada e i Governi italiani non hanno mai applicato la direttiva. Un atteggiamento ostile costato al nostro Paese due procedure di infrazione da parte della Commissione, una nel 2009 e l’altra nel 2020. Se l’Italia non risolverà la situazione, rischia gravi sanzioni economiche, che ricadranno su tutti i cittadini. Intanto, comuni come Mondragone applicano la proroga e l’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato (AGCM) li diffida, richiamandoli al rispetto della direttiva europea.
Mentre si sprecano ormai le sentenze -anche del Consiglio di Stato, per non parlare dell’Alta Corte-che bocciano le proroghe. L’AMBC è d’accordo con Zanchini: serve il giusto equilibrio tra spiagge libere e in concessione, purché tutte siano accessibili e attente all’ambiente e serve dire basta a “rendite di posizione”. Così come abbiamo firmato l’appello dei Radicali convinti che mettere a gara le concessioni balneari conviene: PER I SERVIZI: i diritti acquisiti di pochi beneficiari pregiudicano l’aspettativa di tutti gli altri. Le gare aprirebbero la possibilità per le nuove piccole imprese di competere in termini di progettualità rispetto ai vecchi concessionari, offrendo servizi migliori; PER LE CASSE DELLO STATO: il canone pagato dai concessionari in tutta Italia è di 100 milioni annui. A fronte di un fatturato dichiarato (quindi neppure completo) di 15 miliardi di euro. Nemmeno l’1%. Un costo irrisorio che le gare potrebbero innalzare in modo determinante; PER L’AMBIENTE: l’erosione delle coste è collegata all’opera dell’uomo sui litorali e agli interventi di drenaggio anche per costruire cabine, ristoranti e parcheggi. Se rinnovare continuamente le concessioni ha legittimato tutto questo, le gare periodiche consentirebbero una pianificazione di tutela ambientale; PER LA LEGALITÀ: il rinnovo decennale delle concessioni ha determinato l’impunità per molti operatori di costruire edifici e offrire servizi non previsti da alcun canone, molto spesso anche di chiudere l’accesso al mare. Le gare periodiche costringerebbero gli operatori a rispettare il demanio pubblico affidatogli.
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