La Paris Fashion Week Primavera/Estate 2026 (29 settembre – 7 ottobre) sarà ricordata come la stagione della grande restaurazione creativa. Al centro dell’attenzione, i debutti di direttori creativi in case monumentali, che hanno saputo trovare un equilibrio tra il peso dell’eredità e la spinta all’innovazione radicale.
Jonathan Anderson da Dior: un romantico dialogo tra archivio storico e surrealismo
Il debutto di Jonathan Anderson per Christian Dior è stato salutato da una sentita standing ovation. Anderson, noto per la sua intelligenza concettuale, ha scelto di non sovvertire, bensì di dialogare con l’archivio della Maison.
La collezione è stata un inno al romanticismo strutturale intrinseco al DNA di Dior, aggiungendo un tono più leggero e giocoso. Anderson ha fuso la sua estetica surrealista con i codici classici: la cappa bianca leggiadra, le gonne scultoree e i ricami raffinati, in omaggio all’amore di Monsieur Dior per l’epoca Rocaille. Il designer ha avuto il coraggio di riportare dopo tempo in passerella elementi come la crinolina, rendendola un elemento architettonico visibile e moderno. Il risultato è un lusso che si nutre di letteratura, arte e romanticismo, offrendo un’eleganza che si percepisce meno come un’armatura e più come una via di fuga intellettuale.
La collezione, ricca di minigonne a sbuffo e tessuti plissettati come origami, ha proiettato la donna Dior in una dimensione contemporanea senza rinunciare alla sua maestosità fiabesca.
Pierpaolo Piccioli da Balenciaga: l’umanità di nuovo al centro
Il cambio di rotta in Balenciaga è stato forse il più significativo dal punto di vista emotivo. Con il suo debutto, Pierpaolo Piccioli ha voltato pagina dopo l’era Demna, riportando nella Maison i concetti di grazia e seduzione. Grande attenzione già a partire dall’invito: un walkman che riproduceva il battito cardiaco, ha suggerito il tema della collezione: l’umanità è la cosa più rivoluzionaria. Piccioli ha proposto un approccio che attinge direttamente allo spirito del fondatore, Cristóbal Balenciaga.
La collezione, intitolata The Heartbeat, ha celebrato un lusso intimo e sartoriale. La sua firma è evidente nei volumi ampi ma vaporosi, nelle sculture solide che giocano con lo spazio tra corpo e tessuto. Un elemento chiave è stato il tessuto Neo Gazar, un omaggio al gazar originale di Cristóbal, che conferisce agli abiti una struttura eterea. L’uso di colori intensi, come borgogna e rubino, e silhouette che avvolgono con grazia il corpo segna il ritorno dello chic sublime a Balenciaga, un intento che la stampa ha accolto con entusiasmo.
Matthieu Blazy da Chanel: ritorno all’eleganza sobria tra materialità e codici rigidi.
Per ultima, ma solo cronologicamente, la sfilata di Chanel, che ha segnato l’attesissimo passaggio di testimone a Matthieu Blazy, ex Bottega Veneta.
Blazy si confronta con il peso dei codici di Chanel, notoriamente rigidi. L’aspettativa era che il designer portasse a Parigi l’estetica di un lusso discreto con un’attenzione maniacale per la materialità, elementi che avevano caratterizzato il suo lavoro precedente. Blazy ha cercato di rendere omaggio sia al radicale uso del nero di Mademoiselle, sia alla sua abilità di grande colorista, introducendo tocchi di colore vibrante attraverso un approccio che si preannuncia misurato e cerebrale. I tailleur in tweed in bianco e nero, simbolo indiscusso di Chanel, sono stati riaffermati con un senso di compostezza e raffinatezza, suggerendo un ritorno a un’eleganza più bon ton e meno barocca rispetto ad alcune collezioni precedenti.
Dior, Balenciaga e Chanel non hanno semplicemente presentato nuove collezioni; hanno ridefinito la loro direzione creativa, dimostrando che l’innovazione più radicale può nascere dal dialogo rispettoso con la storia. La Primavera/Estate 2026 della Paris Fashion Week segna dunque un potente ritorno all’alta moda intesa come architettura emotiva e sartoriale. Che si tratti del romanticismo strutturale e intellettuale di Anderson per Dior, dell’umanità sentita e della grazia scultorea di Piccioli per Balenciaga o del lusso discreto e misurato di Blazy per Chanel, il messaggio è chiaro: l’eleganza non è una semplice esibizione, ma una profonda affermazione di identità. La grande restaurazione creativa è compiuta e la moda parigina riparte con un’eredità salda e una visione rivolta al futuro.


