Toledo rievoca il miracolo del conte di Orgaz, tra arte e spiritualità

Nella città spagnola di Toledo, nell’antica regione della Mancha, si trova uno dei più grandi capolavori della pittura del XVI secolo. L’opera, custodita nella bellissima chiesa di San Tommaso, fu realizzata dal pittore El Greco e dedicata alla sepoltura del conte di Orgaz.

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 L’ artista,  di origini greche, il cui vero nome era  Domínikos Theotokópoulos, nacque il 1 ottobre del 1541 nell’ isola di Creta, anche se fu spagnolo d’ adozione.  Da fonti storiografiche. risultano testimonianze certe della sua presenza in Spagna dal 1577 al giorno della sua morte, avvenuta proprio a Toledo nel 1614. La città, famosa per la forgia delle spade, narrata dallo scrittore Miguel Cervantes nel suo capolavoro “Don Chisciotte della Mancha” fu la seconda patria dell’artista. 

El Greco  fu uno dei maggiori rappresentanti del Manierismo europeo, quel grande movimento affermatosi sul finire del Rinascimento e che vide tra i suoi autorevoli interpreti anche i pittori italiani  Rosso Fiorentino, Andrea del Sarto, Pontormo e il Bronzino. Artista dal tratto inconfondibile, El Greco rifiutò le forme imposte dal plasticismo classico, reinterpretandole attraverso una pittura rapida e chiara, da cui emerge la realtà descritta nei suoi aspetti più crudi e sostanziali, priva di allegorie ed evocatrice del vero. 

La sua tecnica, ricorda quella di Luca Giordano, che proprio per queste caratteristiche fu soprannominato “Luca fai presto”. Le sue opere sono una combinazione originale tra i modelli della pittura italiana del XVI secolo e l’arte bizantina. 

Il celebre dipinto di El Greco, “La sepoltura del conte Orgaz”, fu realizzato su commissione del curato della chiesa  di San Tommaso (San Tomàs in spagnolo) intorno al  1586 e voluto soprattutto dai parenti del nobile filantropo, morto alcuni anni prima. Nell’opera l’ artista  dipinse i santi Stefano e Agostino che assistono alla sepoltura, mentre si realizza il miracolo dell’anima del conte che si leva al cielo, per conquistare un posto in Paradiso. Una pratica molto diffusa nelle corti europee fin dal Medioevo. Le indulgenze, infatti, erano utilizzate soprattutto da nobili, ricchi mercanti e feudatari, per assicurarsi un posto in paradiso, dietro l’elargizione di denaro alla chiesa, al di là delle azioni compiute in vita.

Nel dipinto, l’artista inserisce una serie di ritratti di suoi contemporanei, concentrati intorno al conte defunto, il cui vero nome era Gonzalo Ruiz de Toledo, considerato dai suoi conterranei, benefattore e uomo di grandi virtù. L’impianto pittorico è suddiviso in due sezioni, quella terrena e quella celeste. Nella prima, El Greco rappresenta i nobili e i membri del clero con un realismo drammatico, con le figure che mostrano una variegata serie di espressioni del volto e del corpo, in quella superiore, invece, dedicata alla dimensione spirituale, i santi Agostino e Stefano, che accompagnano il corpo del conte, nel cammino celeste. Qui, le figure sono realizzate con sagome snelle ed allungate che simboleggiano il senso di elevazione spirituale verso il cielo. Il grande dipinto (olio su tela 430×360 cm) è un connubio perfetto tra arte e spiritualità, mirabilmente legate alla dimensione umana della morte. La riflessione contemplativa dell’uomo comune di fronte ai misteri dell’aldilà.