Brexit: c’è luce in fondo al tunnel della Manica?

Qualche giorno fa, in radio, mi sono imbattuto in un intervento sulla Brexit di Barbara Petrongolo, docente di economia alla Queen Mary University di Londra, e subito mi sono convinto che la questione andava approfondita.

La sua tesi è forte quanto semplice: il voto favorevole alla Brexit del 2016 è dipeso fortemente dalle percezioni distorte degli inglesi, in particolare legate agli immigrati.

Come sempre, partiamo dai dati: per il 40% dei favorevoli alla Brexit l’immigrazione è stata la ragione principale per votare l’uscita mentre per il 98% è stata fra le prime tre ragioni di voto.

La Petrongolo però afferma che “Da molti studi economici non c’è un chiaro segnale che l’immigrazione abbia effetti negativi sul mercato del lavoro della popolazione locale, sulle finanze pubbliche dell’UK o sui tassi di criminalità”.

Non basta, le idee sbagliate che gli inglesi hanno su numero degli immigrati, titolo di studio, religione, salari e criminalità, hanno un peso specifico maggiore dei dati reali.

Gli inglesi credono che gli stranieri siano il 32% (in realtà sono il 14%); sovrastimano la percentuale di musulmani (dal 2004 c’è stato un aumento massiccio di cittadini immigrati dall’Europa dell’Est, in particolare polacchi e romeni che ora sono i più numerosi nel paese); credono che abbiano un basso livello di istruzione e vivano in condizioni di indigenza (il 38% degli immigrati ha una laurea e, pertanto, non ha grossi problemi a trovare lavoro); il 38% dei britannici ritiene che la presenza di stranieri aumenti la criminalità (nelle aree che hanno ricevuto più immigrati non è aumentata la criminalità nè ci sono numeri più elevati nella popolazione carceraria).

Last but not least: solo il 20% dei britannici ritiene che l’immigrazione sia negativa per l’economia, ma ben l’82% ritiene importante che gli immigrati condividano i valori culturali della popolazione locale.

I motivi dietro la vittoria della Brexit sono stati tutt’altro che di natura economico-finanziaria.

Il ruolo dei partiti e dei mass media nel processo di disinformazione è stato fondamentale nella creazione di attitudini pro Brexit, attuando una strategia che ancora paga, infatti, alle scorse elezioni europee (che stando al piano di uscita, al momento congelato, non dovevano neanche avere luogo) i risultati hanno decretato il trionfo del Brexit Party di Nigel Farage al 31,6%.

Lo scorso agosto, l’Istituto Cattaneo presentava una ricerca che mostrava che in Italia: le percezioni sull’immigrazione contano più dei dati concreti e i cittadini italiani sono quelli che in Europa hanno la percezione più distorta dell’immigrazione ; il 73% della popolazione italiana sovrastima la presenza di immigrati; è presente il maggior livello di ostilità verso l’immigrazione e le minoranze religiose; i dati vengono spesso presentati in maniera partigiana dai partiti.

Amare similitudini, forse neanche così sorprendenti, confermate dall’ultima tornata elettorale che ha svelato un trend simile in molti paesi europei.

La luce in fondo al tunnel della Manica è fioca e, purtroppo, l’altro capo del tunnel è altrettanto buio.

Giovanni D’Errico

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