Le Carovane Migranti sbarcano nelle Terre di don Peppe Diana

Casal di Principe – Le Carovane Migranti sbarcano nelle Terre di don Peppe Diana.  Fa tappa a Casal di Principe la “Carovana per i Diritti dei Migranti” che percorre l’Italia da Torino alla Sicilia. Dopo Piemonte e Toscana i “carovanieri”, invitati dal fotoreporter Mauro Pagnano,  arrivano in questa parte di Campania ospiti del Consorzio NCO Nuova Cooperazione Organizzata.

Il primo appuntamento dei “migranti” è a Casa don Diana, il bene confiscato di Via Urano, per l’incontro con la Rete di Economia Sociale del territorio. I carovanieri sono accolti da Valerio Taglione, presidente del Comitato don Diana e Gianni Solino, referente provinciale di Libera.

Dopo i saluti di rito e la visita alla mostra fotografica «Non-Invano», in ricordo di tutte le vittime innocenti della criminalità, nella sala riunioni del bene si è proceduto ad un fitto scambio di esperienze fra le varie realtà.

Dramma delle migrazioni e di terre: terre di morte, terre di vita, terre di terrore, terre di resistenza, terre bruciate  dal sole che si incontrano, a Casal di Principe, come in un abbraccio. Proprio qui, dove la morte e la vita, la luce e l’ombra, il terrore e la resistenza sono “ospiti fissi”.

4 i testimoni delle Carovane Migranti che hanno raccontato le proprie storie: Imed Soltani, rappresentante dell’associazione tunisina “La terre pour tous” che da cinque anni rappresenta le famiglie di 504 ragazzi dispersi durante il viaggio migratorio verso l’Italia e le supporta nella loro ricerca, nel tentativo di ritrovarli o di conoscere la verità sulla loro sorte. Ragazzi tunisini spariti nel nulla dopo l’approdo sulle nostre coste, e sul cui arrivo in Italia esistono fotografie e riprese video. Il lavoro di Imed e della sua associazione consiste nel facilitare il dialogo tra le famiglie e le istituzioni dei due Stati, e cerca di costruire una rete di solidarietà  per giungere alla ricerca della verità e della giustizia.

Ana Gricélides Enamorado, una madre hondureña che, da anni, cerca il figlio di cui non ha più notizie dal 2010. Due suoi amici, con cui aveva condiviso abitazione e lavoro, sono stati sequestrati ed uccisi in quell’anno ed Ana ha fornito alle autorità messicane tutti i dati in suo possesso chiedendo loro di indagare. Non è successo nulla. Ora Ana vive in Messico e lavora con il Movimiento Migrante Mesoamericano continuando la ricerca del figlio ed aiutando tutti gli altri familiari a cercare i loro cari scomparsi.

Guadalupe “Lupita” Gonzales Herrera, fa parte di un gruppo di donne conosciute con il nome “Las Patronas”, che vive nel quartiere Patronas della città de Los Reyes nello stato di Veracruz in Messico. Sono donne  comuni che ogni giorno, senza nessun utile personale, preparano il cibo per i migranti che attraversano il Messico sul treno soprannominato “La Bestia” nel loro viaggio verso gli Stati Uniti. Gridano “Comida!” e lanciano un sacchetto con riso, fagioli ed acqua sul tetto del treno, un vero sollievo per i migranti. Lavorano tra mille difficoltà , in un contesto in cui la Chiesa ufficiale , la criminalità organizzata e a volte anche i vicini le ostacolano, sostenute solo dalla loro fede religiosa, dalla immensa gratitudine dei migranti e da alcuni sacerdoti della Chiesa di base.

Omar Garcia Velazquez, portavoce degli studenti della scuola “Rurale Raúl Isidro Burgos” di Ayotzinapa nello stato del Guerrero in Messico; è un sopravvissuto della tragica notte del 26 settembre 2014 nella quale tre studenti furono uccisi e altri 43, prelevati dalle forze dell’ordine, sono scomparsi. Le scuole normali rurali, essendo completamente gratuite, costituiscono l’unica possibilità di studio per lo strato più povero della popolazione, ma questi studenti sono un esempio di impegno scolastico civile e di lotta per tutti gli studenti messicani. e per questo sono oggetto di repressione. La vicenda dei 43 studenti ha prodotto nel Messico, in cui la violenza contro la natura e contro l’uomo è normale e la protesta viene criminalizzata, una grande mobilitazione e voglia di cambiamento.

Tanto Messico nelle storie raccontate dai “testimoni”: storie da un paese in cui dal 2006 si spara e si uccide: in  media sono  53 i morti ogni giorno, 56 i giornalisti uccisi, 16 quelli scomparsi, 1.685 i ragazzi da 0 a 14 anni uccisi dal crimine organizzato, di cui ben 354 bambini minori di un anno di età, 30mila sono, invece, i bambini che collaborano con i gruppi criminali in varie forme. Cifre da brividi che ricordano le mattanze, dei primi anni ottanta,  sulle nostre strade  quando a fronteggiarsi erano le cosche rivali della Nuova Famiglia e della Nuova Camorra Organizzata.  Ma come quella guerra ha trovato nel nostro territorio persone ed organizzazioni che hanno resistito e si sono opposte alla violenza così anche nel lontano paese centroamericano c’è l’humus che ha fatto crescere chi dice no a questo stato di cose. Esperienze, quindi, che si contaminano e fanno sentire i carovanieri meno soli nella loro lunga battaglia per i diritti dei migranti.

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