Bologna, Pallotti: “Camionisti pagano conseguenza di lavoro estenuante, necessari i controlli su impieghi degli operai”

Bologna – “I camionisti non sono gli unici responsabili degli incidenti che li vedono coinvolti.

Le loro distrazioni sono frutto di un processo che li schiaccia quotidianamente, privandoli di diritti incontestabili e riducendoli a veri e propri cadaveri che fanno fatica anche a deambulare”. A parlare, in un’intervista concessa a “Il Fatto Quotidiano” alla giornalista Elisabetta Reguitti, è un pragmatico Alberto Pallotti, presidente dell’Associazione Italiana Familiari e Vittime della Strada – Onlus.

L’intervento del veronese è successivo allo scontro tra camion andati a fuoco nella mattina di martedì 30 luglio sull’A14, all’altezza di Borgo Panigale, nei pressi di Bologna, proprio a poca distanza da dove si originò l’incendio che causò il crollo di un ponte il 6 agosto del 2018. Inevitabile la morte di un autista.

In particolare, nell’articolo pubblicato online, si pone l’accento sull’utilizzo del tachigrafo digitale presente sul mezzo che non riporterebbe i reali tempi lavorativi dei camionisti. In termini pratici, quando questi ultimi si recano all’interno dei capannoni per il carico e scarico delle merci, una spia segnala la fase di ipotetico riposo che il conducente del grosso mezzo dovrebbe vivere in quel momento. In realtà, il camionista, spegnendo il motore, non ha fermato le sue attività, bensì si sta dedicando a ciò che deve trasportare e depositare. Insomma, il lavoro lievita fino ad un totale di 15 ore senza sosta, il che comporta stanchezza indomabile e rischi mortali per il lavoratore, oltre che per gli utenti della strada.

 

“E’ chiaro che l’attenzione di queste persone, totalmente dimenticate dai sindacati di settore, è destinata a calare durante le 24 ore della giornata, così come la concentrazione nelle svolgere le mansioni aziendali – afferma Pallotti -. Un piccolo colpo di sonno può diventare fatale e dobbiamo impegnarci tutti affinché questo fenomeno venga prevenuto. Ci si lamenta, poi, a livello istituzionale, della mancanza di personale all’interno delle realtà che si occupano di trasporti, quando è chiaro che, chi può, dinanzi a queste condizioni, preferisce andare all’estero, guadagnando di più e ottenendo maggiori tutele. La legge parla chiaro in merito alle responsabilità penali di un probabile incidente: qualora abbia torto, a pagare è il camionista e questo potrebbe tramutarsi facilmente in una mancanza di giustizia per i familiari delle vittime. E’ necessario controllare le aziende e, nello specifico, l’effettivo impiego dei loro lavoratori. Agendo così si possono salvare vite umane”.

 

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